Mosca Olearia: lotta al parassita dell’olivo

Parassita temuto, ma meno pericoloso della Xylella, per la sopravvivenza delle singole piante e della specie, è la mosca olearia (Bactrocera oleae), endemica in tutto il bacino del Mediterraneo.

Il danno che provoca è limitato alla degenerazione e perdita del frutto; la malattia è determinata dal fatto che una mosca inserisce tramite una puntura un uovo all’interno di un frutto in maturazione.

Dall’uovo si sviluppa velocemente una larva che cresce mangiando la polpa, ricca di olio, ed in pochi giorni si trasforma prima in pupa e poi nuovamente in mosca, ed è in grado di ripetere il ciclo. Poiché ogni singola mosca può deporre da decine a centinaia di uova per ogni ciclo vitale, se le condizioni ambientali lo consentono, la malattia è una vera e propria bomba biologica che, nel giro di 3-4 settimane, è in grado di aggredire tutto il raccolto della piantagione.

Il danno si traduce, nei casi di grave infestazione, nella perdita del raccolto, che viene abbandonato sulla pianta; nel caso in cui si raccolga, si ha una perdita quantitativa poiché le larve hanno mangiato una parte più o meno importante della polpa dei frutti, ed una grave caduta della qualità dell’olio ricavato, che non solo risente della presenza dell’insetto, ma è anche fortemente ossidato perché con la larva all’interno del frutto si sviluppa anche un fungo, che determina un aumento dell’acidità libera e dei perossidi, per cui il poco olio deve essere considerato a priori “lampante”.

In passato, questo insetto ha determinato vere e proprie carestie nell’Italia meridionale, nella seconda metà del XIX secolo, quando l’infestazione è stata così elevata che nemmeno l’olio lampante poteva essere prodotto.

E, come curiosità, alla fine degli anni ’30 del ‘900 si è arrivati ad ipotizzare la raccolta delle olive “passerine” presenti nella varietà Coratina, per la produzione di piccole quantità di olio commestibile. Infatti le olive passerine sono frutti molto piccoli e rotondi, risultanti da un semplice ingrossamento dell’ovario del fiore di olivo non fecondato che, in genere, ritardano la maturazione, e quindi per dimensioni (troppo piccole), e stadio di maturazione (precoce), sfuggono all’attacco della mosca olearia.

Trappole e metodi di difesa contro la mosca olearia

Fino agli inizi degli ’70 gli unici modesti mezzi di lotta erano le trappole avvelenate con arseniati, ed è solo a partire da questa epoca che sono stati messi a punto prodotti di sintesi estremamente efficienti nel controllo della mosca, ma con caratteristiche negative per la presenza di residui nell’olio.

Oggi, tuttavia, si dispone di un largo spettro di antiparassitari efficaci e presenti sia per l’agricoltura convenzionale sia biologica, a cominciare da semplici trappole con sole sostanze attrattive.

Il vero problema è la tempestività dell’intervento, ed anche se, ad opera delle Regioni, esiste un monitoraggio dell’andamento di questa piaga, sono i singoli agricoltori che devono decidere rapidamente il momento dell’intervento.

Può capitare che andamenti climatici favorevoli allo sviluppo del parassita (luglio, agosto) con temperature miti ed elevata umidità, determinino un anticipo (prevedibile) dell’attacco, ma spesso gli agricoltori non sono preparati e non resistono alla tentazione di rimandare il trattamento con gravi perdite quali-quantitative della propria produzione e di quella dei loro vicini.