L’olio extravergine artigianale

Una nuova filosofia del piacere: connubio tra sensi ed intelletto

Un olio extravergine si può definire “artigianale” solo se porta con sé una storia da raccontare, la cultura e il saper fare dei luoghi che lo hanno generato, il legame intimo con un areale circoscritto, in una parola, se ha una propria “identità”.

A concorrere a conferire ad un olio una propria identità chiara ed irripetibile, sono molti fattori: ambientali (la varietà del suolo, il clima), agronomici (il periodo e le tecniche di raccolta e, soprattutto, le varietà d’olive che si sono adattate nel corso degli anni ad ogni specifico areale) ma anche le tradizioni e le esperienze locali.

Al contrario, il profilo organolettico degli oli extra vergine delle principali marche di largo consumo, essendo “tarato” sui gusti di un’ampia platea di consumatori, è standardizzato. Per ottenere questo risultato l’industria olearia si affida alla pratica del “blending” utilizzando come ingredienti oli extravergini provenienti da diverse origini. Ciò non significa che un olio mass-market non sia un prodotto di qualità e che la pratica del blending sia da demonizzare ma, a differenza di un olio extra vergine di singola origine, la sua qualità non è espressione di “tipicità”.

Sotto questo aspetto l’Italia è un prezioso mosaico di “terroir” vocati alla produzione di oli extra vergine artigianali, la cui identità si esprime in un’ampia gamma di sentori caratteristici: erba appena tagliata, mandorla, carciofo, foglia verde, pomodoro, ma anche molte altre sfumature che stimolano a sperimentare i più svariati abbinamenti.

Oli ottenuti da varietà diverse possono essere tanto dissimili quanto i vini ottenuti da diversi vitigni: l’olio ligure dal colore giallo ottenuto dalle olive taggiasche ha un sapore fruttato leggero con sensazione di dolce, mentre l’olio verde intenso tipico della Toscana centrale è pungente ed erbaceo. Gli oli siciliani sono aromatici e profumati, mentre filo conduttore dell’olio del nord della Puglia è la nota di amaro, espressione della cultivar coratina.

Attualmente queste impronte sono codificate nella moltitudine di DOP ed IGP che di fatto coprono pressoché l’intero territorio italiano.