Replicando quanto avvenuto per il vino, anche nel mercato dell’olio extra vergine si è diffusa l’offerta di oli provenienti da una singola varietà di oliva (“monocultivar”).
Cerchiamo di analizzare il fenomeno e capire se effettivamente un olio prodotto da una singola varietà di oliva sia migliore di quello prodotto da un blend di differenti cultivar, o da un blend di oli ricavati da differenti cultivar.
Come spesso accade la risposta non è univoca e molto dipende dalle singole circostanze.
Le cultivar dell’olivo nel passato
In passato gli oliveti venivano realizzati con varietà di cultivar locali senza badare eccessivamente all’origine del materiale di propagazione, molte delle varietà più note di olivo sono autosterili (es. “Leccino”, “Moraiolo”, “Cerasuola”, “Carolea”) e quindi necessitano di altre varietà di ulivi (i così detti “impollinatori”); la presenza di diverse varietà mette, in qualche modo, al riparo dall’alternanza di condizioni ambientali e parassitarie che, talora, possono incidere sulla produttività di una singola cultivar.
In considerazione di questa premessa risulta chiaro che un blend prodotto nell’ambito di una zona geografica circoscritta e ben individuabile, nella quale è presente un ridotto numero di varietà autoctone, avrà caratteristiche chimico-fisiche ed organolettiche tipiche della zona di riferimento (identità territoriale). Circostanza che si è voluto valorizzare con l’istituzione, a livello Comunitario, delle denominazioni protette DOP e IGP.
Tornando al mondo del vino si può citare, come uno dei tanti esempi, il Bordeaux, ottenuto appunto da un blend di diversi vitigni: “Cabernet Sauvignon”, “Cabernet Franc” e “Merlot”.
Un olio proveniente da una singola varietà di oliva (“monocultivar”) avrà invece caratteristiche chimico-fisiche ed organolettiche tipiche della cultivar di riferimento (identità genetica) che, per quanto legata ad uno specifico areale, non sarà mai espressione dell’intero territorio, salvo in quei rari casi in cui è presente una sola cultivar.
Va precisato che non tutte le cultivar si prestano a produrre oli monocultivar e che l’eccellenza di un olio monocultivar è subordinata all’implementazione delle corrette tecniche colturali proprie di quella specifica cultivar; inoltre mentre per gli oli DOP e IGP esistono norme disciplinari specifiche a garanzia della qualità e dell’origine per quanto riguarda gli oli monocultivar non esiste ad oggi nessuna normativa di riferimento.
In definitiva, fatte salve queste precisazioni, entrambi gli oli possono essere eccellenti.
La differenza tra un olio prodotto da una singola varietà di oliva e un blend può ricordare la filosofia del vino: l’approccio italiano, basato prevalentemente sul legame con il territorio, e quello francese, sulle caratteristiche del vitigno.
È come andare ad ascoltare un concerto per violino solo o per orchestra: ognuno ha il suo sogno da regalare.