E’ una pratica impiegata tutti i giorni, inconsapevolmente, quando portiamo un cibo o una bevanda alla bocca.
L’analisi sensoriale coinvolge naso e bocca e viene utilizzata per valutare caratteristiche oggettive di un alimento o di una bevanda attraverso una misurazione delle sensazioni soggettive indotte da stimoli di origine chimica, chimico-fisica e fisica. E’ una pratica impiegata tutti i giorni, inconsapevolmente, quando portiamo un cibo o una bevanda alla bocca, ci comunica se quanto stiamo gustando ci piace o meno e, entro certi limiti, se è deteriorato.
Il gusto, percepito tramite le papille distribuite su tutta la superficie della lingua, corrisponde alle sensazioni di dolce, salato, acido e amaro.
Nel caso dell’olio di oliva si possono cogliere solamente la nota dell’amaro, non si percepiscono infatti né il dolce né il salato, perché nell’olio non ci sono né zuccheri né sali (il sentore di dolce che talvolta caratterizza la descrizione di un olio in realtà è dovuto alla mancanza di amaro), né si percepisce la sensazione dell’acido in quanto le papille della nostra lingua non sono “tarate” per riconoscere la presenza degli acidi liberi contenuti nell’olio. Inoltre può essere percepita, soprattutto in gola, la sensazione tattile di pizzicore, caratteristica nota piccante degli oli prodotti all’inizio della campagna.
Ne consegue che la valutazione organolettica degli oli di oliva è effettuata sfruttando principalmente il senso dell’olfatto che percepisce, tramite ricettori situati nelle mucose nasali: l’odore (per inalazione diretta delle molecole volatili) ma, soprattutto, l’aroma (tramite il passaggio per via faringea delle molecole volatili che si sviluppano nella bocca).
Alla base delle sensazioni gustative, olfattive e trigeminali (sensazione tattile di pizzicore) vi sono processi enzimatici che si producono nel corso della frangitura delle olive. Il gusto amaro e la sensazione tattile di piccante dipendono dalle caratteristiche chimiche dei derivati fenolici (polifenoli) presenti nell’olio e dalla loro concentrazione. Gli odori e l’aroma sono il risultato di una catena di reazioni che producono la formazione di composti organici volatili.
Ottenere un olio di buona qualità non è semplice, ed occorre che ogni tappa della filiera frutto-olio sia adeguatamente curata: anche se il frutto è sano le ammaccature alla raccolta, lunghe attese prima della frangitura, non adeguate tecniche di separazione e filtrazione, ne possono danneggiare la qualità e determinare l’insorgenza di “difetti organolettici” (riscaldo, morchia, avvinato, rancido, muffa) che possono declassare un olio fino a renderlo non direttamente commestibile.
In forza del Reg. CEE 2568/91 e successive modifiche, la classificazione merceologica di un olio di oliva è determinata sulla base di caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche riscontrate tramite metodiche analitiche validate.
La valutazione oggettiva delle caratteristiche organolettiche di un olio extravergine viene eseguita da un panel selezionato ed addestrato di assaggiatori professionisti applicando la metodica del “Panel Test” messa a punto dal Consiglio Oleico Internazionale.
Le valutazioni vengono espresse sulla base di una lista codificata di descrittori dei pregi e dei difetti e sul loro livello di intensità.
Per classificare un olio come extravergine è necessaria la totale assenza di difetti e la presenza di attributi positivi (il fruttato, l’amaro, il piccante).
Il C.O.I. ha messo a punto una metodica anche per la valutazione e il controllo delle caratteristiche organolettiche degli oli a denominazione protetta da parte di Panel Professionali.
Tali panel, costituiti a livello territoriale e addestrati a riconoscere il profilo organolettico tipico delle rispettive DOP e IGP, hanno il compito di verificare la conformità di un olio sottoposto a certificazione alle caratteristiche sensoriali definite nel relativo Disciplinare di Produzione.
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